INTRODUZIONE/DEFINIZIONE
L’Algodistrofia viene considerata la malattia che provoca il dolore più intenso che un paziente può provare. Se a ciò aggiungiamo la durata della malattia stessa e il rischio di andare incontro ad un danno funzionale permanente, è legittimo considerare questa malattia una vera e propria emergenza. A ciò va aggiunto che l’Algodistrofia è spesso una malattia diagnosticata tardivamente e tale ritardo influenza negativamente l’esito delle cure. E’ quindi indispensabile che il paziente stesso sia in grado di riconoscere l’urgenza con la quale la malattia va affrontata.
Nelle sue fasi iniziali l’Algodistrofia può essere definita come una malattia infiammatoria che coinvolge tutti i tessuti dove si manifesta, dalla pelle fino alle ossa, coinvolgendo tendini, muscoli e articolazioni e che, oltre ai segni tipici dell’infiammazione, rossore, calore e gonfiore, presenta un dolore intenso che ha alcune caratteristiche particolari. Spesso il dolore è spontaneo, è presente cioè anche a riposo; può essere presente di notte, disturbando il sonno; qualsiasi stimolo viene percepito come doloroso, anche quando è innocuo. La mano o il piede sono gonfi, caldi e rossi, a volte violacei. Più raramente nelle fasi iniziali è un po’ più spesso con il passare delle settimane possono essere freddi e cianotici. A volte è presente una sudorazione aumentata così come i peli tendono a crescere più velocemente. A volte anche le unghie mostrano alterazioni della crescita.
Con il passere del tempo, nell’arco di mesi, i segni infiammatori regrediscono, la pelle diventa lucida e sottile e tutte le articolazione si presentano rigide rendendo la mano o il piede gravemente limitati. In questa fase diventa impossibile ritornare ad una situazione di normalità. Solo un numero di pazienti fortunatamente piccolo, continua ad avere un dolore intenso e che risponde poco ai farmaci antidolorifici.
LA DIAGNOSI
Per il fatto che molto spesso l’Algodistrofia compare a seguito di un trauma, più spesso una frattura o una distorsione, nelle fasi iniziali lo stesso medico può essere ingannato proprio da questi precedenti, confondendo un’Algodistrofia in fase iniziale con le conseguenze del trauma che l’ha provocata. Il campanello d’allarme deve essere il dolore che con il passare del tempo non solo non migliora, ma diventa sempre più grave. Il tempo tra la comparsa della malattia e il trauma che l’ha provocata può essere estremamente variabile, a volte di poche ore/giorni, a volte di qualche settimana. Non raramente il medico e il paziente stesso si rendono conto che le cose non stanno andando bene quando viene rimossa l’ingessatura, il tutore o la fasciatura, quindi dopo un certo tempo dal trauma. Quando invece l’inizio della malattia è più precoce, il paziente può avvertire la sensazione di un gesso troppo “stretto” e che quindi provoca dolore. Questo segnale andrebbe attentamente considerato soprattutto se si associa ad alcuni disturbi come ad esempio le dita che fuoriescono dall’ingessatura che diventano gonfie o cambiano colore.
Purtroppo non esistono esami di laboratorio che possono aiutare a porre una diagnosi in tempi brevi. Anche gli esami radiologici non devono rappresentare lo strumento con cui si fa diagnosi di Algodistrofia, in quanto non sempre indicativi, soprattutto nelle fasi iniziali di malattia. Sarà quindi la sola sensibilità e competenza del medico a sospettare la comparsa di un’Algodistrofia o comunque, una volta sospettata, ad inviare il paziente allo specialista.
LA TERAPIA
La cura adeguata, insieme ad una rapida diagnosi sono i momenti fondamentali che consentono di guarire dalla malattia. Questo risultato, tempo fa difficilmente ottenibile, è oggi alla portata della maggior parte dei malati quando la malattia venga adeguatamente diagnosticata e curata. I farmaci antinfiammatori, anche i cortisonici, così come gli antidolorifici hanno solamente un effetto il più delle volte parziale e che rapidamente scompare con l’interruzione del trattamento. L’unica categoria di farmaci che si è dimostrata efficace nel curare la malattia, cioè ottenerne la guarigione, è rappresentata dai Bisfosfonati, cioè da farmaci che vengono comunemente impiegati per curare l’Osteoporosi e altre malattie ossee. I bisfosfonati sono in realtà una famiglia di diversi farmaci, ognuno con caratteristiche diverse e quindi non tutti in grado di ottenere il medesimo risultato. Solo un farmaco di questa famiglia e cioè il Neridronato ha mostrato un’efficacia tale per cui è l’unica terapia che viene consentita dal Servizio Sanitario Nazionale che provvede a fornirla gratuitamente ai pazienti. Questo farmaco non può essere somministrato per bocca e fino a qualche tempo fa il paziente poteva essere curato solo con la somministrazione endovenosa, quindi in ospedale. Da oltre un anno, dopo studi che ne hanno verificato l’efficacia anche per via intramuscolare, la cura è disponibile anche con questa modalità, senza quindi la necessità di essere curati in ospedale.
A questo proposito, va sottolineato un aspetto importante: come si accennava in precedenza non tutti i Bisfosfonati sono uguali. Non è raro ancora oggi imbattersi in medici che invece del Neridronato usano il Clodronato, anch’esso prescritto per via intramuscolare. Si tratta di un farmaco molto più antico e decisamente meno efficace, soprattutto senza alcuna evidenza di utilità quando prescritto per via intramuscolare. A dimostrazione di ciò, il Servizio Sanitario Nazionale non ne autorizza l’impiego e il prezzo del farmaco è totalmente a carico del paziente. La prescrizione del Clodronato può essere vista come un segnale che il paziente dovrebbe cogliere per sospettare di non essere finito nelle mani “giuste”. Viceversa, è proprio l’iniziale modesto beneficio che il paziente può ottenere, peraltro del tutto temporaneo, a ritardare il corretto trattamento e quindi a rendere difficoltosa e qualche volta impossibile la guarigione. Altra “credenza popolare” che andrebbe chiarita in via definitiva è il possibile manifestarsi di problemi odontoiatrici a seguito di questa cura. Tali problemi sono raramente osservabili per terapie più lunghe e con bisfosfonati molto più potenti del Neridronato. A dimostrazione di ciò non esiste a tutt’oggi alcuna segnalazione di questo tipo di effetto collaterale per questo farmaco e non va dimenticato che il Neridronato è stato inizialmente utilizzato in bambini per la cura di una malattia ossea pediatrica.
Per ultimo, non va dimenticata l’importanza della fisioterapia che deve seguire la cura con il farmaco e non precederla. Infatti, mentre prima della cura il dolore che il paziente avverte impedisce che il trattamento riabilitativo possa essere efficace, dopo il trattamento è un passo fondamentale per ottenere un recupero efficace e quindi la guarigione completa.